top of page

Violazione obblighi informativi bancari: presunzione di risarcibilità del danno al cliente

La terza sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7288 del 13 marzo 2023, ha ribadito che in capo all’intermediario finanziario grava l’onere di dimostrare di aver adempiuto a tutti gli obblighi informativi previsti dalla legge e dai regolamenti di settore e ha affermato che in mancanza di tale prova – a prescindere dall’adeguatezza di rischio degli investimenti – vige una presunzione di risarcibilità del danno lamentato dal cliente.

La fattispecie oggetto del giudizio

L’erede dell’investitrice danneggiata aveva adito l’autorità giudiziaria affinché accertasse la violazione da parte dell’intermediario finanziario delle disposizioni vigenti in tema di valutazione di adeguatezza degli investimenti rispetto ai profili di rischio dell’investitore e la violazione dei doveri informativi di legge. L’attore, quindi, domandava la condanna della banca alla restituzione della somma inizialmente investita e poi persa dalla de cuius.

Il Tribunale rigettava la domanda attorea, ritenendo che la propensione al rischio della cliente fosse adeguato all’investimento effettuato.

La Corte d'appello confermava la sentenza di primo grado per non aver l’appellante riferito di alcuna specifica omissione riguardo al rapporto di investimento oggetto del giudizio e per non aver, in ogni caso, impugnato l'autonoma ratio decidendi circa l’adeguatezza degli investimenti effettuati rispetto alla sua propensione al rischio. Inoltre, la Corte di merito riteneva che l'appellante non avesse impugnato la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale aveva rigettato la domanda risarcitoria per difetto di allegazione e prova sul nesso causale tra la violazione degli obblighi informativi e il danno, né la ricorrente aveva dimostrato che, se fosse stata edotta della pericolosità dell'acquisto, si sarebbe astenuta dal farlo.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado veniva proposto ricorso in Cassazione affidandosi a diverse censure tra le quali, in particolare, il preteso inadempimento, da parte dell’intermediario finanziario, ai propri obblighi informativi.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’investitore cassando la sentenza d’appello, confermando quanto già statuito dalla giurisprudenza di legittimità sul punto e cioè che "In tema di intermediazione finanziaria, grava sull'intermediario, ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, comma 6, provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta e, dunque, dimostrare di avere correttamente informato i clienti sulla natura, i rischi e le implicazioni della specifica operazione relativa ai titoli mobiliari oggetto di investimento, risultando irrilevante, al fine di andare esente da responsabilità, una valutazione di adeguatezza dell'operazione, posto che l'inosservanza dei doveri informativi da parte dell'intermediario è fattore di disorientamento dell'investitore, che condiziona le sue scelte di investimento (Cass., 1, n. 19891 del 20/6/2022)”. Non poteva quindi essere condivisa la posizione della Corte di merito secondo cui, in sostanza, non avendo l’omissione degli obblighi informativi comportato una variazione del rischio, sarebbe mancata la prova del nesso causale tra l'omissione di più pregnanti obblighi informativi e il danno lamentato perché in contrasto con i principi sopra richiamati.

In particolare, la Cassazione ha affermato che l’omissione degli obblighi informativi prescritti dalla legge e dai regolamenti di settore, il cui onere probatorio grava in capo all’intermediario finanziario, determina una presunzione di danno risarcibile in capo alla banca.

In conclusione, secondo i giudici di legittimità, la Corte di merito non avrebbe dovuto limitarsi a considerare l’astratta adeguatezza degli investimenti proposti al livello di rischio dell’investitore, ma avrebbe dovuto valutare se l’istituto di credito aveva adeguatamente informato il cliente soddisfacendo tutti gli obblighi di legge e dei regolamenti di settore. In assenza di tale prova la Corte d’Appello avrebbe dovuto presumere la sussistenza di un danno risarcibile in capo al cliente.

bottom of page