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Accesso alla documentazione bancaria: non serve la qualifica di erede

Come noto, l’art. 119 TUB (Testo Unico Bancario) consente al cliente di un istituto di credito di richiedere ed ottenere la consegna della documentazione bancaria relativa alle operazioni degli ultimi 10 anni.

In particolare il comma 4 recita: «Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione».

Tralasciando le difficoltà spesso riscontrate in concreto nell’ottenere detta documentazione, o addirittura talvolta anche solo un riscontro dalla Banca, uno dei punti nodali resta a tutt’oggi quello della legittimazione a richiedere la documentazione stessa.

Non più tardi dello scorso anno, con diverse pronunce dell’arbitro Bancario e Finanziario, ci si interrogava ancora sulla possibilità per il chiamato all’eredità e/o per il legittimario pretermesso di agire in forza dell’art. 119 comma 4 TUB.

Ebbene, nei casi trattati nel 2023 cui si fa riferimento (Collegio di Milano n. 23/2023 e n. 2363/2023; Collegio di Bari n. 778/2023), un erede legittimario pretermesso si era rivolto alla Banca del de cuius al fine di ottenere copia della documentazione bancaria riferita a quest’ultimo, vedendosi tuttavia rifiutare l’evasione della richiesta da parte dell’istituto di credito. Le Banche, infatti, aderivano ad una interpretazione restrittiva dell’art. 119, ritenendo che «colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell'amministrazione dei suoi beni» potesse essere solo il soggetto che già avesse acquisito la qualifica di erede, e non invece il chiamato all’eredità o il legittimario pretermesso, e ciò a discapito del chiaro e legittimo interesse che aveva motivato la richiesta avanzata dai richiedenti.

Gli Arbitri Bancari, nelle pronunce richiamate, hanno invece affermato il pieno diritto dei legittimari pretermessi (così come dei chiamati all’eredità) ad avvalersi dell’art. 119.4 TUB in relazione alla documentazione riferibile al de cuius, adottando così una interpretazione più ampia, ponendo l’attenzione non tanto sull’ottenimento della qualifica di erede, ma sul fatto che i richiedenti possano vantare una aspettativa qualificata al titolo ereditario, aspettativa che naturalmente deve essere provata.

Peraltro, quantomeno con riferimento al chiamato all’eredità, altri elementi giuridici sostengono il fatto che questi possa legittimamente avvalersi della facoltà concessa dall’art. 119. Basti pensare al fatto che, ai sensi dell’art. 460 c.c., il chiamato all’eredità detiene poteri di amministrazione temporanea, vigilanza e conservazione del patrimonio del de cuius, posizione evidentemente riconducibile a quanto previsto dalla stessa lettera dell’art. 119 nella parte in cui si riferisce al soggetto che subentra nella amministrazione dei beni.

Quanto, invece, al legittimario pretermesso il ragionamento si fa più sottile, laddove è chiara dal punto di vista logico la necessità per il legittimario di conoscere la consistenza del patrimonio per poter decidere in che modo (e se) agire in riduzione, non altrettanto chiara è la sua veste in relazione al de cuius e/o ai suoi rapporti bancari. Il legittimario pretermesso, nella ricostruzione dell’Arbitro Bancario, non può che rientrare tra i successori “a qualunque titolo”, purché sia portatore di quella aspettativa qualificata a titolo ereditario (Collegio di Roma n. 15096/2022).

Una tale interpretazione estensiva consente di realizzare una tutela sostanziale in favore di soggetti che hanno un oggettivo interesse a conoscere la consistenza patrimoniale dell’asse ereditario, così da poter compiere in modo informato e consapevole le delicate scelte che il diritto successorio richiede in capo agli stessi (Collegio di Milano n. 23/2023).

Non va puoi trascurato, e difatti i Collegi Arbitrari non lo fanno, il profilo inerente il diritto alla Privacy.

A tal proposito, nei procedimenti richiamati, le Banche ritenevano, in forza del dettato dell’art. 2-terdecies Cod. Privacy sull’accesso dei dati personali delle persone decedute, di poter fornire esclusivamente comunicazione della mera esistenza dei rapporti intestati al de chiusi, o al massimo estratti di conto corrente oscurati. Tale impostazione, tuttavia, viene anch’essa delegittimata dagli Arbitri bancari.

Gli Arbitri, infatti, non rilevano alcun conflitto tra l’art 119, che non pone limitazione alcuna alla documentazione oggetto del diritto di consegna, e l’art. 2-terdecies, che espressamente prevede come il divieto non possa generare effetti pregiudizievoli in capo ai terzi per l’esercizio «dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi».

Ancora una volta, in conclusione, l’Arbitro Bancario rivolge la propria attenzione al fornire una interpretazione che consente di valorizzare e garantire una tutela sostanziale, e non solo formale, e con specifico riferimento all’art. 119.4 TUB si consolida una volta di più il diritto soggettivo alla consegna della documentazione bancaria. Deve però essere comunque rammentato che anche parte della Giurisprudenza restrittiva affermi l’applicabilità dell’art. 2-terdecies.

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