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  • Immagine del redattoreLuca Baj

Smart working, i rischi dell’overworking

Lo smart working può essere un modo di lavorare vantaggioso per aziende e dipendenti, per ridurre l’inquinamento e conciliare professione e vita privata. L’insidia però è un’iperconnessione rischiando l’overworking. L’idea di Rosita Zucaro, avvocato giuslavorista e Post-Doc research fellow dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, è quella di disciplinare la disconnessione. Questa modalità agile di lavoro dipendente in Italia, non costituisce un diritto espressamente riconosciuto dall’ordinamento come avviene ad esempio in Francia e Spagna. E queste eccessive interferenze tra lavoro e vita privata, incidono sulla salute del dipendente causando insonnia, irritabilità, cattivo umore, demotivazione, esaurimento mentale, mancanza di energia e prestazioni inferiori, stress lavoro-correlato, o la cosiddetta sindrome di burn-out, sostiene Zucaro. Nelle norme che parlano di lavoro agile, la modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, è stabilito sulla base di un accordo tra le parti, che individua anche le misure necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. E cita l’esempio della policy aziendale di Cattolica, siglata anche dai sindacati il 24 ottobre 2017, che stabilisce che il dipendente dovrà rispettare i periodi di riposo e disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche, e dispone che non sia di regola previsto ne richiesto lo svolgimento dell’attività lavorativa nella fascia compresa tra le 18.30 e le 7.45, nonché durante gli interi giorni di sabato e festivi.