Le Sezioni Unite sulla nullità selettiva in tema di investimenti
Nel dicembre scorso è stata emessa una importante sentenza della Suprema Corte, Sezioni Unite, per quanto riguarda i contratti di investimento affetti da nullità per carenza del requisito formale, ossia del contratto. E’ stato affermato il principio secondo il quale la nullità per difetto di forma del contratto di investimento, quindi dei singoli atti di investimento, può essere fatta valere soltanto dal cliente, alla condizione che la differenza tra i risultati positivi ottenuti dal cliente in ragione della nullità fatta valere e le perdite realizzate, sia superiore a zero. Mai potrebbe essere inferiore a detta soglia, proprio per il principio enunciato di legittimazione relativa, e quindi riconosciuta unicamente in capo al cliente. Non basta. Occorre anche che sia comprovata la buonafede del cliente, pur tuttavia difettando strumenti di misura, indici di rilevamento o altro della buonafede stessa. E il paradosso si manifesta laddove il risultato di un’operazione matematica possa costituire un parametro di misurazione delle intenzioni dell’investitore. Del resto, se è pur vero che le variazioni nel tempo dei risultati dell’investimento potrebbero indurre lo stesso a promuovere un’azione giudiziaria, non si è davvero mai visto che la nullità di un contratto possa essere condizionata dal risultato di un’operazione matematica.