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  • Immagine del redattoreLuca Baj

Perché è così importante il tema del risparmio?


Italiani popolo di investitori: 9.743 miliardi al netto dei debiti. I dati: Reddito procapite: 28.000, Risparmio medio: 160.000 di cui 55.000 in attività finanziarie, per complessivi 4.374 miliardi. Come è composto mediamente il portafoglio del risparmiatore: CC: 1390 miliardi; OBBLIGAZIONI: 292 miliardi; AZIONI: 900 miliardi; FONDI COMUNI: 486 miliardi; ASSICURAZIONI: 1000 miliardi. A fronte di tale situazione riscontriamo uno scarso livello di educazione finanziaria. All’interno di questo scenario operano le istituzioni finanziarie che, per conto degli investitori, agiscono sul mercato, creando, diffondendo, negoziando strumenti finanziari di ogni specie: mercati regolamentati e OTC, in cui l’evoluzione normativa e regolamentare è sempre più stringente per il problema della larga diffusione di questi strumenti tra mercati che non hanno una legislazione omogenea. Chi segue, per esempio, il tema della Brexit in questo ambito, sono quotidiane le preoccupazioni di intervenire normativamente in caso di no deal rispetto ai contratti pendenti con un particolare focus per quanto riguarda gli strumenti derivati. Dimensione del fenomeno assai rilegante, considerando che il valore nozionale degli strumenti derivati in circolazione rispetto al PIL mondiale: 2,2 milioni di miliardi, pari a 33 volte il PIL mondiale. I derivati giungono a godere di una sorta di un’astrattismo totale, venendo a godere di un’autosufficienza concettuale del tutto singolare. Purtroppo la gestione del risparmio, condotta dalle grandi istituzioni finanziarie, non deve fare i conti solo con l’andamento dei mercati regolamentati, ma anche di inaspettate situazioni. Stessa incognita che sconta il risparmiatore. Nei siti delle Autorità di Vigilanza troviamo un imbarazzante elenco di avvertimenti, di provvedimenti sanzionatori in capo a chi ha gestito abusivamente il risparmio altrui, incorrendo nelle conseguenze anche di rilievo penale di cui all’art. 166 TUF. A questo fenomeno, decisamente grave ma di minor impatto economico, seguono condotte fraudolente dei vertici di istituzioni produttive, bancarie, finanziarie che travolgono e sono in grado di travolgere l’intero mercato. Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito in Italia a crack davvero importanti per dimensioni, sia nel sistema finanziario sia in quello produttivo. Importanti non solo per i danni recati al sistema, ma anche per le modalità con le quali si sono verificati. Se consideriamo complessivamente Veneto Banca e Popolare di Vicenza, Carige e Mps, Popolare Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara, più il costo sostenuto dal sistema bancario italiano per finanziare il Fondo Atlante e salvare le prime due, e quello impiegato per evitare il fallimento delle ultime quattro. A larghe spanne, includendo i passati aumenti di capitale del Monte Paschi siamo intorno a 30 miliardi di euro, cui aggiungersi gli accantonamenti per far fronte delle sofferenze che le banche hanno in portafoglio che negli ultimi anni sono stati assai rilevanti, e che possiamo approssimativamente valutare in 80 miliardi. Poco più di un centinaio di miliardi in tutto quindi, ai quali dovremo aggiungere gli aumenti di capitale prossimi di Mps, delle banche medie su elencate, di quelle piccole del credito cooperativo e del colosso Unicredit, probabilmente ancora 20-25 miliardi. Dopodiché, forse, potremmo considerare risanato il sistema bancario italiano e la crisi alle spalle. Negli USA l’impatto è superiore di multipli: 3.000 miliardi di dollari di sostegni pubblici che sono stati necessari per tenere in piedi tra il 2007 e il 2013 gli istituti finanziari americani. 242 miliardi del Belgio, 170 della Francia, 445 della Germania, 1.200 del Regno Unito, 260 dell'Irlanda, 168 dell'Olanda e 267 della Spagna. Parmalat, un crack da 13 miliardi di euro, il più grande crack in Europa, ha dato il la ad una spinta legislativa importante, non solo nazionale ma soprattutto. sovranazionale, grazie all’intervento dell’Unione Europea. Questa situazione ha comportato il costante dispiego di enormi forze all’apparato regolamentare rimesso ex lege alle Autorità di Vigilanza, sia nazionali sia europee. Debbo considerare che l’approccio del Legislatore, lato sensu inteso, in questo ambito è molto diverso rispetto ad altri. Degno di nota è come la regolamentazione non parta da una analisi di fenomeno studiato come modello meramente matematico e “a tavolino”, ma al contrario si cerchi con significativa sistematicità di coinvolgere i maggiori protagonisti operanti sul mercato. Così, leggiamo quotidianamente dell’apertura di pubbliche consultazioni da parte di EBA (European Banking Authority) ed ESMA (European Securities and Markets Authority). Non di minor importanza sono le istituzione di privatistico, come ISDA (International Swaps and Derivatives Association), che associa le maggiori istituzioni finanziare mondiali, studiosi, giuristi, matematici, intorno al tema dei derivati, fornendo un impulso al consolidarsi di prassi sul mercato, finalizzato ad un’armonizzazione dei sistemi internazionali, quantomeno in quello specifico ambito.