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  • Immagine del redattoreLuca Baj

Nuovo Codice della crisi aziendale: solo un costo?


Sembra essere un labirinto la nuova riforma concernente la disciplina del Codice della crisi d’Impresa. La variante che però sembra essere la più complicata e quella sulla quale stanno nascendo più criticità sono i costi derivanti dall’applicazione di questa nuova disciplina. Secondo il Rapporto Osservitalia 2019, il costo derivante da tutte le nuove introduzioni di sistemi di risk management e dalle nomine di revisori ammonterebbe a 3,8 miliardi (di cui 2,2 mld a carico delle Pmi), per un costo compreso tra 20 mila e 40 mila euro per ciascuna impresa. Ovviamente le cifre spaventano e portano le Pmi a chiedere continuamente esenzioni, rinvii dell’applicazioni delle nuove norme. Quello che quindi si chiede ogni imprenditore in preda al panico e se il gioco ne valga la candela, ossia se si tratta di costi o investimento a lungo termine. Quello che non deve mai essere perso di vista è che le cifre sono sì alte, ma mirano a creare una specie di polizza assicurativa per salvare migliaia di posti di lavoro ed evitare il rischio di crollare in una crisi non più evitabile. Il problema si pone certamente con più incisione nelle realtà aziendali più piccole. Quello che pò aiutare è avere una buona e rapida contabilità, grazie soprattutto ad un apporto sempre maggiore del digitale attraverso moduli ordinati di controllo e gestione delle entrate, delle uscite e dei lussi di cassa su fogli elettronici. Le Pmi dovrebbero quindi agire all’unisono verso un unico obiettivo: ridurre il numero di fallimenti legati a interventi tardivi, anche se questo comporterà a maggiori investimenti in vista di un maggior benessere.


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