Nullità selettiva dei contratti di investimento, le SU si pronunciano
Risolto il contrasto interpretativo relativo agli effetti della azione di nullità esperita dal cliente per specifici ordini di acquisti finanziari a seguito dell’accertamento del difetto di forma del contratto quadro cui consegue la relativa nullità. Le Sezioni Unite si sono infatti pronunciate con sentenza 28314/2019 enunciando il seguente principio: «la nullità per difetto di forma scritta, contenuta nell’art. 23, comma 3, del d.lgs n. 58 del 1998, può essere fatta valere esclusivamente dall’investitore con la conseguenza che gli effetti processuali e sostanziali dell’accertamento operano soltanto a suo vantaggio. L’intermediario, tuttavia, ove la domanda sia diretta a colpire soltanto alcuni ordini di acquisto, può opporre l’eccezione di buona fede, se la selezione della nullità determini un ingiustificato sacrificio economico a suo danno, alla luce della complessiva esecuzione degli ordini, conseguiti alla conclusione del contratto quadro». Da ciò deriva che laddove l’azione di nullità determini un sacrificio apprezzabile, vale a dire sproporzionato, per l’altra parte, l’intermediario può eccepire la buona fede, tesa ed idonea a paralizzare gli effetti restitutori dell’azione di nullità, di fatto riequilibrando le posizioni delle parti. In ogni caso va precisato che l’eccezione di buona fede è opponibile nei limiti del petitum, quale conseguenza della azione di nullità determinando un effetto impeditivo degli effetti restitutori in relazione anche ad i vantaggi eventualmente conseguiti dallo stesso investitore per effetto degli investimenti non colpiti dalla nullità.