Cassazione: quando interviene la risoluzione del concordato preventivo
La Suprema Corte, con la sentenza n. 20652 del 31 luglio 2019, ha ribadito i presupposti affinché il Tribunale, entro un anno «dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dal concordato», possa risolvere il concordato preventivo ai sensi dell’art. 186 l.f., per oggettivo (grave) inadempimento. La Corte di Cassazione ha confermato che il concordato preventivo con cessione dei beni può essere risolto ove emerga che lo stesso sia oggettivamente venuto meno alla sua naturale funzione; ciò, salvo il caso in cui vi fosse una previsione di totale ed immediata liberazione del debitore. La Suprema Corte ha avuto modo di ribadire che è irrilevante l’imputabilità o meno al debitore dell’inadempimento alle obbligazioni assunte nei confronti del ceto creditorio, con il concordato preventivo omologato. Al riguardo, la Corte ha chiarito che – considerato che «il concordato preventivo non è un contratto a prestazioni corrispettive, ma un istituto caratterizzato da una natura negoziale contemperata da una disciplina che persegue interessi pubblicistici» - i principi generali in materia di inadempimento contrattuale (e, quindi, tra tutti gli artt. 1218 e 1455 c.c.) non possono essere traslati tout court nella fattispecie concordataria, a nulla rilevando, per contro, la marcata privatizzazione della procedura operata dalla riforma del 2007. Pertanto, si dovrà verificare solamente «la prospettiva oggettiva dell’impossibilità di realizzare la promessa soddisfazione dei creditori, apprezzando l’inadempimento nella sua dimensione e consistenza. In altri termini, conta il mancato raggiungimento del risultato satisfattivo a cui il concordato era mirato, a prescindere dal perché un simile insuccesso si sia verificato». La percentuale di soddisfacimento dei creditori, proposta dal debitore nell’ambito del piano e della proposta di concordato omologati, non è vincolante, «non essendo prescritta da alcuna disposizione la relativa allegazione ed essendo al contrario sufficiente l’impegno a mettere a disposizione dei creditori i beni dell’imprenditore liberi da vincoli ignoti che ne impediscano la liquidazione o ne alterino apprezzabilmente il valore, salva l’assunzione di una specifica obbligazione in tal senso». In ogni caso, la «semplice messa a disposizione dei beni promessi non impedisce l’applicazione del disposto dell’art. 186 legge fall., che funge da strumento di controllo a posteriori del fatto che il concordato abbia assolto nella sostanza - dunque a prescindere da inadempimenti di scarsa importanza - la funzione che gli è propria». In questo contesto, «la percentuale di soddisfacimento eventualmente indicata […] funge da punto di riferimento utile ad apprezzare l’importanza dell’inadempimento». Si può, quindi, ritenere che il concordato sia venuto meno alla sua funzione, allorché non sia in grado di soddisfare in una qualche misura i creditori chirografari e integralmente quelli privilegiati, ove non degradati nelle forme di legge.