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  • Immagine del redattoreLuca Baj

L’evoluzione dei GICS: a settembre nasce l’industria dei Communication Services


Cambia il nostro modo di comunicare e l’esistenza di conglomerate tecnologiche multisettoriali conduce index provider ed issuers verso nuovi schemi di classificazione: gli aggiornamenti ai GICS secondo MSCI e S&P

Nel novembre dello scorso anno MSCI e S&P Dow Jones Indices, due tra i maggiori index providers, avevano annunciato una profonda revisione dei Global Industry Classification Standard (GICS®), il sistema di classificazione dei titoli in industrie, settori e subsectors di appartenenza da loro impiegato e realizzato, prevedendone l’implementazione effettiva a partire dalla fine del mese di settembre (28 settembre) 2018. L’applicazione agli indici equity pre-esistenti è invece fissata a partire della semi annual review del prossimo novembre (per MSCI). Nel frattempo, già dal secondo trimestre dell’anno in corso, i providers hanno richiesto feedback dai partecipanti al mercato in merito ai cambiamenti proposti ed generato indici ad hoc per gestire al meglio il processo di transizione. Si tratta di cambiamenti di assoluta rilevanza considerata l’enorme mole d’investimenti che si rapporta a questi benchmark e, ancor di più, per il mercato ETF che non può permettersi di rispondere solo passivamente a cambiamenti di tale entità, tanto per quanto riguarda la gamma equity settoriale quanto per una vastissima fetta dell’offerta che, indirettamente, sfrutta i sistemi di classificazione come base imprescindibile (anche se spesso non evidente) del processo di definizione di indici complessi. I cambiamenti apportati nello schema di classificazione sono per lo più atti a recepire l’evoluzione del modo in cui le persone comunicano ed accedono ai contenuti di intrattenimento ed informazione oltre che l’esistenza di colossi del tech ormai costretti in classificazioni che non ne rispecchiano le reali caratteristiche (ad esempio le FAANG) . Questa situazione è il risultato di un generalizzato consolidamento che ha portato internet, il segmento delle telecomunicazioni e il settore di media a fondersi tra loro creando giganti spesso attivi contemporaneamente su più fronti. Il settore tech è insomma diventato troppo grande e le dimensioni di alcuni dei suoi protagonisti sono tali da far presupporre stabilità, crescita e diversificazione anche per il futuro. Si tratta della prima revisione del modo in cui queste aziende tecnologiche vengono classificate dall’ormai lontano 1999 (primo anno di vita dei GICS), e, da allora, molte cose sono cambiate. A cominciare dalla capitalizzazione dei colossi tech (con capitalizzazioni vicine o oltre il trilione di dollari), tanto che la riclassificazione andrà a riguardare oltre l’8% della capitalizzazione complessiva dello S&P 500 impattando su settori che in aggregato ne costituiscono quasi la metà. Proprio gli ETF con sottostante equity IT, i più apprezzati tra quelli quotati a Wall Street nonché quelli che hanno portato in dote i capital gain più rilevanti negli anni passati, saranno tra i più impattati dalla riforma tanto che molti si interrogano in merito alla volatilità implicita che deriverà dalle vendite forzate di alcuni titoli non più compresi nei benchmark sottostanti (Alphabet o Netflix, solo per citarne due) e dagli acquisti da parte di altri replicanti nonché dalle implicazioni di altro genere, ad esempio in termini di tasse. Una revisione dei portafogli alla luce di tali modifiche è insomma d’obbligo per l’investitore.

Per quanto riguarda i GICS, questi non costituiscono il solo sistema di classificazione e neppure il solo ad essere sottoposto a revisione in questi mesi ma, certamente, questi sono oggi lo schema più apprezzato e diffuso. I cambiamenti possono essere riassunti nelle seguenti quattro aree:

- “Telecommunication Services” sarà ampliata e rinominata come “Communication Services” (Telecom Serv. rimane sotto settore), settore che dunque erediterà aziende come AT&T, Verizon Communications, ma scontando, come mostreremo sotto, maggiore diversificazione al suoi interno ;

- le “media companies” (Comcast, Disney e Netflix) non rientreranno più in Consumer Discretionary bensì confluiranno in “Communication Services”;

- le “internet services companies” (Alphabet, Baidu, Facebook) saranno estromesse da Information Technology per passare a Communication Services ;

- le “E-commerce companies” (ad esempio eBay e Alibaba) non rientreranno più in Information Technology ma bensì in Consumer Discretionary nella nuova sub industry “internet & direct marketing retail sub-industry” ponendo, finalmente, termine al dibattito in merito all’appartenenza o meno dell’e-commerce alla voce retail.

Il settore “Media”, conseguentemente, cessa l’attività (rimane sotto settore interno a Communication Services), mentre, all’interno di IT, cessano l’attività i sotto settori “Servizi e software per Internet”, Infrastruttura e servizi Internet, Software per intrattenimento domestico.

A seguito di questi (ed altri minori) cambiamenti, di fatto i più consistenti da quando, nel 2016, il real estate guadagnò la propria indipendenza dal financial services, la nuova struttura GICS risulta ora composta da 11 Sectors, 24 Industry Groups, 68 Industries e 157 Sub-Industries.

I flussi di turnover saranno importanti in tutti i settori coinvolti. Per fare un esempio, il sotto settore degli “Internet software and services”, destinato a non far più parte del portafoglio dei settoriali IT, pesa oggi per il 16.7% della composizione di un benchmark come l’MSCI World Information Technology Index (come spiegato sopra), con titoli come Alphabet e Facebook, capitalizzati in aggregato per oltre un trilione di dollari, pronti a migrare verso il nuovo Communication services. Per indici MSCI ACWI diversificati, la categoria Communication Services, ora molto più ampia rispetto all’originaria Telecom. Serv. , dovrebbe conquistare un peso intorno al 9% dell’indice contro il 3% precedente, un incremento che lascerà invariata la composizione settoriale complessiva dell’indice ad eccezione delle due voci dalle quali le suddette megacompanies saranno estrapolate ossia IT, che dovrebbe veder ridotta la propria quota dal 18% al 14%, e Consumer Discretionary che passerà invece dal 12% al 10%. MSCI ravvisa anche importanti cambiamenti per i suoi indici Cyclical e Defensive in quanto, mentre IT e Consumer Discretionary manterranno de facto invariato il loro carattere ciclico, lo stesso non accadrà per la categoria Communication services che, a differenza dell’originaria Telecom. Serv., notoriamente di carattere difensivo, assumerà ora caratteristiche cicliche (in considerazione delle caratteristiche, appunto cicliche, dei titoli in ingresso proprio da IT e Consumer Discretionary). Infatti, da IT confluiranno in Communication Services titoli per il 41% del totale, da Consumer Discretionary il 26% mentre la categoria originaria Telecommunication Services contribuirà per soli il 33% sul totale. Communication Services, oltre che certo meno difensiva, sarà dunque anche un’industria con un potenziale di crescita più elevato di quanto finora osservato con i tradizionali titoli telecom che, di fatto, venivano considerati utilities. Potenziale e minore sarà invece, secondo MSCI, impatto per fattoriali, ESG e tematici. Volendo osservare gli effetti del cambiamento in casa S&P Dow Jones indices, prendendo in considerazione il noto S&P 500 Index, la composizione originaria che attribuisce a Telecom. Serv. il 2%, a IT il 27%, e Consumer Discretionary il 13% (42% dell’indice in totale) lascerà il posto ad un’esposizione nella quale Communication Services copre l’ 11% della capitalizzazione totale mentre IT e Consumer Discretionary si fermeranno, rispettivamente, al 20% e al 10% (invariato il peso complessivo dei tre settori al 42% dell’indice). E’ bene ricordare che nell’autunno 2017 anche i concorrenti di FTSE Russell avevano provveduto ad una riorganizzazione del proprio sistema di classificazione di industrie e settori, alternativo ai GICS e conosciuto come Industry Classification Benchmark o ICB, identificando in dicembre 2018 l’entrata in vigore degli importanti cambiamenti adottati. Anche in questo caso, oltre all’indipendenza finalmente guadagnata dal settore del real estate anche in questo schema di classificazione (è ora l’undicesima industria, lo stesso numero previsto dai GICS), è ancora il settore delle telecomunicazioni ad evolversi per riflettere i cambiamenti avvenuti nel contesto di business attuale. Anche in questo caso sarà operato un importante trasferimento di titoli dal “Technology Industy” e dal “Media Sector” ad un nuovo e ora più ampio settore “Telecommunication Industry” , saranno implementate le industrie del “Consumer Discretionary “ e “Consumer Staples” oltre che resi più chiari e definiti i subsectors di appartenenza con l’inserimento di addirittura 57 nuove famiglie (da 114 a 171). Come appare evidente, oltre ad una generale evoluzione del sistema, in questo caso il risultato complessivo ricercato è anche un generale avvicinamento alle classificazioni GICS. Infine, è attinente alla discussione il caso di BlackRock, indiscusso leader mondiale in campo ETF con la controllata iShares, la quale ha da alcuni mesi iniziato un percorso di internalizzazione dell’indexing. In questo caso, a motivare la decisione, aveva contribuito proprio la percezione di inadeguatezza del sistema GICS, valutato obsoleto per la mancanza di classificazioni adeguate al nuovo contesto di mercato. La soluzione proposta da iShares, per ora solo di nicchia, è stata però estremamente innovativa in quanto l’algoritmo implementato nella gamma proprietaria Evolved fa sì proprio un sistema di classificazione evoluto molto simile a quello che sarà implementato da GICS e ICB, ma, in più, oltre ad una costante revisione, rende possibile l’appartenenza di una sola megacompany ( FAANG ) a più industrie contemporaneamente, suddividendone la capitalizzazione tra queste. L’evoluzione dei sistemi di classificazione si è certo dimostrata tardiva e la validità nel tempo dei nuovi schemi è tutta da valutare. Sono infatti presenti anche altre industrie prossime a cambiamenti altrettanto rilevanti. La crescita registrata negli ultimi anni dagli ETF richiede indici trasparenti, in grado di rappresentare fedelmente un universo d’investimento che diventa sempre più specifico mirato e complesso. In assenza di un gestore, l’investitore, specialmente quello di lungo periodo cui ambiscono oggi gli ETF, non può permettersi continui stravolgimenti negli indici e tantomeno attendere anni prima che questi recepiscano l’evoluzione del mercato stesso. Lo stesso vale per gli issuers, costretti da tempo a elaborare complesse strategie per ampliare i ridotti orizzonti d’investimento offerti da indici di base obsoleti. La rigidità di queste classificazioni ha contribuito a semplificarne e diffonderne l’utilizzo ma forse oggi rappresenta un costo troppo elevato.


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